Secondo gli antichi romani, dove c’era un castello si produceva del buon vino. Il discorso potrebbe riferirsi tranquillamente al colle dei Castelli di Montecchio Maggiore ove il liquore della vite otteneva alle Mostre diplomi e premi.
Quando Lonigo era una piccola capitale del Basso Vicentino, il principe Alberto Giovanelli, deputato al Parlamento italiano, ideò la Fiera Agricola Campionaria che poco alla volta avrebbe sostituito la celebre Fiera dei Cavalli, nota in tutta Europa e scippata da Verona.
Alla Fiera partecipavano le sorelle Strobele proprietarie della costa del monte di Montecchio. Esponevano gli asparagi, noti come quelli di Bassano e il vino battezzato come “lo champagne dei Castelli” e per questo rinomato vino ottenevano diploma e medaglia.
Per capire la questione, occorre osservare il colle che domina il paese di Montecchio. Si stacca dai Lessini e dopo Rocca Vecchia, di origine vulcanica e assolutamente improduttiva, dopo una rapida curva si volge a settentrione e si allinea al corso dell’Agno-Guà. E’noto che a produrre un buon vino al vitigno, la durella, occorre la luce e il calore del sole. La parte rivolta a nord del colle dei Castelli, quasi sempre ombrosa, produceva il frizzante vino di primavera dei Tantero; il primato però era lasciato alla fascia meridionale, ripida ma di buona terra, che raggiungeva l’unghia rocciosa su cui si erigevano i Castelli.
Nei ricordi del paese c’erano i Carlassare che poi rivolsero la loro attenzione alla Carbonara e alla Paglierina. Seguirono le mitiche sorelle Strobele a cui viene attribuita la razionalizzazione dell’azienda, dalla casa signorile al Crearo, alle stradine all’interno del vigneto, alle vasche per la raccolta dell’acqua piovana e di vena, utilissima per l’irrorazione del verderame che, con lo zolfo, proteggeva la vite dalla peronospora.
Vino eccezionale, bianco, richiesto pure dalla Parrocchia per la Santa Messa. Generose, omaggiavano con asparagi e vino le grandi famiglie del paese ma con il “monte” davano lavoro a molte famiglie della zona adiacente ai Castelli. Non ebbero la simpatia del paese per il loro acceso interventismo alla prima guerra mondiale forse dovuto all’amicizia con il dott. Serra. Nel dopoguerra, temendo le leghe bianche che esigevano per i contadini una parte dei loro campi, le Strobele cedettero il “monte” a Emilio Ronzan.
Il bravo Emilio continuò il lavoro delle Strobele mantenendo l’unità dei vigneti sopra e sotto la strada. Alla sua morte l’azienda o meglio il monte dei Castelli venne diviso tra la sua numerosa figliolanza. Non andò bene, tanto che in pochi anni la proprietà passò ad altre mani.
Con lo spumante dell’azienda Agricola Bellaguardia che prende appunto nome dal Castello di Giulietta, resta sempre l’eccellenza del vino dei Castelli vanto delle sorelle Strobele, un’antica gloria per la Montecchio dei tempi andati.
Prof. Remo Schiavo 1928-2015, Accademico Olimpico, Studioso storico del teatro, esperto di musica classica. Docente di storia e filosofia, Autor di numerosi saggi e volumi sull’arte.